Grappa

Il bicchiere per la grappa

Era piccolo, e veniva riempito fino all’orlo. Questo succedeva al tempo in cui le acqueviti erano preziose, ancora secoli dopo che ebbero lasciato il bancone degli speziali per affermarsi a mensa o come compendio per il ricevimento di un ospite.
Per sottolineare la rarità dell’offerta il bicchiere non poteva essere grande, e per mettere l’accento sulla generosità dell’offerente non si poteva lasciare più di tanto spazio libero tra il livello del liquido e l’orlo dello strumento (spazio di testa). Poi vennero i tempi dell’opulenza e dell’edonismo.
Ci troviamo ormai in un’epoca relativamente vicina alla nostra. Pur senza perdere di importanza, l’alcol cedeva il passo, per i raffinati e i competenti, all’aroma, elemento primario nella definizione della qualità della grappa.
Qui comincia l’evoluzione del bicchiere: mentre l’innovazione tecnologica consente di migliorare il trattamento del cristallo e del vetro sonoro realizzando suppellettili sempre più fini, leggere ed ampie, segno evidente della regalità del liquido che dovevano ospitare, la grappa acquista una personalità sempre più decisa che richiede di essere sottolineata con forme idonee.
A questo punto, soprattutto nell’ultimo decennio del secolo scorso, interviene il marketing che in molti casi snobba la questione tecnico sensoriale per fare del bicchiere uno degli elementi che mettono in evidenza la brand personality.
Al panciutello ballon che identificava distillati di grande invecchiamento – Cognac in primis – si affiancano i tulipani più o meno stressati per tutte le altre acqueviti.
Se la cultura di determinate nazioni – vedasi per esempio quella mitteleuropea delle acqueviti di frutta – si mantiene, almeno in un primo tempo, fedele al tulipano piccolo modificandone il camino e l’altezza dello stelo, quella italiana sembra tentennare adottando, per l’acquavite di bandiera, addirittura fogge che ne sopprimono i pregi e ne mettono in evidenza i difetti.
Ci riferiamo al tulipano con lo stretto camino disegnato per le acqueviti di frutta da bersi fredde che della grappa enfatizza la pungenza.
Un fantastico autogol, come se una signora un po’ procace si vestisse con un abito a righe orizzontali. Nel 1996 il Centro Studi Assaggiatori, dopo una ricerca poderosa, mette a punto un bicchiere specifico per la grappa che gode di notevole successo, tanto da essere riproposto leggermente modificato da aziende e organizzazioni del settore.
Intanto però, praticamente per tutte le acqueviti, si rompevano le linee classiche dell’abbinamento con i bicchieri tradizionali. Quindi venivano proposti ballon per lo scotch, tulipani per il cognac e flûte per la grappa.
Se è vero che anche le acqueviti nel frattempo hanno rotto gli argini e troviamo Scotch con personalità vanigliate esaltanti, Cognac che conservano un fruttato mirabile e grappe dalla personalità complessa per una lunga e sapiente elevazione in legno, occorre però mettere un po’ d’ordine sul funzionamento del bicchiere e quindi sulle caratteristiche che deve avere per enfatizzare i caratteri di tipicità e di eleganza sensoriale.

Luigi Odello
Il codice sensoriale grappa

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