Grappa: domande e risposte


Le domande poste all’Istituto Nazionale Grappa


È vero che la grappa è il distillato in commercio con la maggior gradazione alcolica?

È falso, è un’immagine creata intorno alla grappa dalla disinformazione di alcuni autori. La ricchezza alcolica minima alla quale si può trovare in commercio è di 37,5% vol. che corrisponde alla medesima percentuale di alcol etilico ed è pari a molte altre acqueviti. Per le grappe che hanno diritto alla denominazione geografica (Piemonte, Lombardia, Trentino, Alto Adige, Veneto e Friuli) il limite minimo della gradazione alcolica è di 40% vol.

La grappa è un distillato prezioso?

Lo è certamente per le sue qualità intrinseche. Ma se la preziosità di un bene è inversamente proporzionale alla quantità esitata sul mercato, lo è a maggior ragione: di ogni mille bottiglie di superalcolici consumate una sola – o poco più – è di grappa. Inoltre la sua quantità è limitata in quanto si può ottenere solo dalle vinacce italiane. E, pur pensando di destinarle tutte a fare grappa, la produzione della nostra acquavite di bandiera sarà sempre molto inferiore ad altre grandi acqueviti a denominazione geografica dell’Unione Europea (nei confronti di alcune meno del 10%).

Si può produrre grappa in quantità illimitate?

No, la sua produzione e strettamente legata alla nostra produzione italiana di uve che, com’è a tutti noto, è in notevole calo. Attualmente però meno di un terzo della vinaccia viene utilizzata per la produzione di grappa, dalla restante parte si ricava alcol etilico. Questo fatto ha una notevole incidenza sulla qualità finale dell’acquavite in quanto solo la vinaccia migliore, quella ritenuta più vocata a seguito di un’attenta selezione, origina grappa.

Cos’è la grappa a denominazione geografica?

Possono fregiarsi della denominazione geografica le grappe citate nell’allegato II del regolamento dell’Unione Europea 1576/89 purché ottenute da materie prime ricavate da uve prodotte e vinificate nelle aree geografiche cui fa riferimento l’indicazione e distillate nel medesimo ambito. La loro ricchezza alcolica non può essere inferiore al 40% e non possono essere miscelate con grappe provenienti da altre zone. Attualmente si hanno le seguenti denominazioni:

  • grappa di Barolo;
  • grappa piemontese o del Piemonte;
  • grappa lombarda o della Lombardia;
  • grappa trentina o del Trentino;
  • grappa dell’Alto Adige o Südtiroler Grappa;
  • grappa veneta o del Veneto;
  • grappa friulana o del Friuli.

Cos’è la grappa di vitigno o varietale?

Da tempo immemorabile partite di vinaccia ricavate da vitigni particolari che hanno la possibilità genetica di trasmettere un carattere organolettico alla grappa – caso eclatante il Moscato che probabilmente fu il primo a indicare una grappa di vitigno – sono distillate in purezza, senza miscelarle con altre. Per identificare questa categoria è stato coniato il termine grappa di vitigno divenuto ben presto di moda e, in alcuni casi, utilizzato per trasferire sull’acquavite il blasone conquistato sul campo da vini omonimi, rari e preziosi. Per questo motivo e per la difficoltà di riconoscimento – tanto per l’analisi chimica quanto per quella organolettica – i tecnici hanno sempre messo in guardia verso l’eccessiva enfasi di questo elemento. La legge consente di indicare il vitigno in etichetta se le materie prime provengono almeno per l’85% dalla varietà di vitis vinifera citata. Si possono anche avere le grappe recanti la denominazione di due vitigni, purché dichiarati in ordine decrescente alla loro partecipazione al conferimento della materia prima e che il minore non abbia dato un apporto inferiore al 15%.

Buongiorno, vorrei sapere quali proprietà organolettiche ha la grappa, in particolar modo quella barricata. Ma mi interessa soprattutto conoscere le caratteristiche nutritive, alimentari. Cioè fa bene per cosa?? Berne un assaggino dopo cena mi aiuta??

Grazie, Fabio

Le bevande alcoliche, come tutti i prodotti alimentari, non possono attribuire effetti o proprietà che non possiedono, ne accennare a proprietà atte a prevenire, curare o guarire malattie. Tra l’altro la grappa, come le altre bevande alcoliche, non è tenuta a specificare caratteristiche nutritive in etichetta, come può verificare Lei stesso.
La grappa è un’acquavite unica al mondo ed esclusivamente italiana che si ricava dalle bucce degli acini d’uva separate dal mosto o dal vino al termine della fermentazione alcolica. La grappa ha il privilegio di essere ricavata dalla parte più aromatica dell’acino d’uva.
Un bicchierino di grappa è prezioso per il messaggio che reca nel suo profilo organolettico, diverso per ogni tipologia di prodotto, ma se la sua intrinseca generosità gli impone di offrire a tutti un sano momento di edonismo, ma solo a pochi è dato di intenderlo pienamente riconoscendo la grandezza della materia prima utilizzata e la sapienza del mastro distillatore.

Quanti gradi ha una buona grappa? Un mio amico sostiene che una “buona” grappa deve superare i 40°. È vero? Potete indicarmi dove attingere informazioni in merito?

Domenico

Una grappa può piacere sensorialmente indipendentemente dalla sua gradazione alcolica. Nella commercializzazione della grappa sono è prevista per legge una gradazione minima di 37,5% in volume (per le grappe a indicazione geografica è prevista una gradazione minima non inferiore a 40% in volume).

Vorrei sapere come si fa la grappa allo zenzero. L’ho assaggiata una volta e l’ho trovata buonissima ma non riesco a trovare la ricetta per prepararla, mi potete aiutare?

Stefania

Non siamo in grado di indicarle dove può trovare una ricetta per preparare una grappa allo zenzero. Possiamo comunque dirle che non ci risulta la produzione nell’ambito delle grappe aromatiche (grappe contenenti piante aromatiche o loro parti, nonché frutta o loro parti) una grappa allo zenzero. I rizomi dello zenzero (Zingiber officinalis) vengono impiegati nella preparazione di diversi liquori che conferiscono un aroma tipico, forte e un gusto piccante. La preparazione più famosa è il rosolio. Zenzero è il nome italiano dello Zingiber, pianta erbacea perenne appartenente alla famiglia delle Zinziberacee e originaria dell’Asia orientale, che ha l’aspetto di una canna con grossi rizomi orizzontali tuberosi, molto aromatici e dal profumo canforato, con sentore di limone e di cintronella. La droga è rappresentata proprio dal rizoma e, per il suo profumo pungente e il gradevole sapore piccantino, viene usato anche in liquoreria. Lo zenzero è un energico stimolante per la presenza di un olio essenziale di color giallino prodotto dalla secrezione di particolari cellule ghiandolari, dalla composizione molto complessa. La sostanza più importante è chiamata gingerolo e proprio questa dà il sapore intenso alla droga.

Sono capitato sul vostro sito, ben fatto che mi ha incuriosito e mi ha invogliato a disturbarvi. Mi piacerebbe costruire per diletto un alambicco in rame o in acciaio inox da utilizzare per distillazione personale, mi potete aiutare con un disegno, uno schizzo o informazioni tecniche (diametro, volume, spessore involucro etc) dell’impiantino?

Gian

Caro Gian, forse Lei non sa che la produzione di acquaviti a livello casalingo è illecita secondo la legge italiana. Per questa ragione non ci è possibile, purtroppo, rispondere alla Sua domanda. In occasione di “Grapperie Aperte”, Le suggeriamo di recarsi a visitare la distilleria più vicina a Lei e verificare quanta cura i grappaioli mettono nel proprio lavoro e vedere a quali e quanti controlli debbono soggiacere. Su questo aspetto Le consigliamo di leggere “Gli alcoli: merceologia e fiscalità” (Guido Scialpi Editore).

Salve il mio dubbio è il seguente: tolte le grappe aromatizzate (grappe aromatiche contenenti piante o frutti) il colore che le grappe assumono è esclusivamente dovuto alla durata del loro affinamento in legno? Nel senso: più legno fanno (cioè più rimangono in deposito in recipienti di legno) e più perdono il loro colore neutro originale? Oppure la variazione di colore dipende da altri fattori?

Daniele

Risponde l’Istituto Nazionale Grappa
Le grappe che riposano in legno vengono classificate, a seconda del tempo di deposito, in grappe affinate in legno o grappe affinate in barriques, grappe invecchiate e grappe riserva.
Il colore è dovuto alla cessione di componenti del legno a seguito di fenomeni chimico/fisici. L’invecchiamento della grappa, come per altre acqueviti, è effettuato in magazzini soggetti al regime di deposito fiscale. La durata dell’invecchiamento può essere indicata nella presentazione e nella promozione della bevanda e può essere espressa in mesi e in anni o soltanto in mesi.
L’invecchiamento implica trasformazioni a carico del quadro aromatico. La grappa in quanto liquido alcolico, e pertanto a bassa tensione superficiale, penetra agevolmente entro i lunghi e microscopici canalicoli che costituiscono i così detti “pori” del legno. Così estremamente suddivisa e di conseguenza a contatto con la superficie legnosa, essa diviene altamente reattiva da un duplice punto di vista: l’assorbimento dell’ossigeno dell’aria invade i pori dal lato tendente all’esterno delle doghe e si ha inoltre una spinta azione solvente dell’insieme delle sostanze che il legno cede, tenendo conto soprattutto dell’elevato potere solvente dell’alcol.
In tal modo, parte dell’alcol etilico e di altri alcoli viene ossidata ad aldeidi, le quali a loro volta parzialmente evolvono in acidi organici. Le citate aldeidi reagiscono in parte anche con gli alcoli dando origine ad acetali, fattori riconosciuti nell’evoluzione degli aromi. Non solo, ma i suddetti neo-formati reagiscono a loro volta con gli alcoli, dando luogo ad un ulteriore serie di esteri (che si sommano a quelle formatisi in sede di distillazione) dai quali dipendono altre piacevoli sensazioni organolettiche.
Considerando poi il lato solubilizzazione di componenti del legno, particolare influenza rivestono la lignina, importante componente del legno e precursore di composti aldeidici tra cui la vaniglina (dal profumo di vaniglia), alcuni acidi fenolici ed altri composti che concorrono positivamente e decisamente sul quadro aromatico di una grappa contenuta in legno.
Altri interessanti composti presenti nel legno sono costituiti dalle emi-cellulose, le quali evolvono successivamente in composti più semplici del gruppo degli zuccheri: xilosio, arabinosio, glucosio, fruttosio i quali, anche se presenti in lievi proporzioni, riescono a conferire una rotondità di sfumatamente dolce e una morbidezza che ingentilisce, affina e completa la grappa.
Come vede la variazione di colore che le grappe assumono durante l’invecchiamento è dovuta essenzialmente a cessione di alcuni componenti del legno. Tuttavia, una maggiore colorazione non necessariamente è indice di maggior arricchimento organolettico.

La grappa è riconosciuta come denominazione di per sé oppure geograficamente? Vale a dire: si dice “grappa friulana” oppure “grappa del Friuli”?

Anna

La denominazione di Grappa è riservata esclusivamente all’acquavite di vinaccia ottenuta da materie prime ricavate da uve prodotte e vinificate in Italia, distillate in impianti ubicati nel territorio nazionale.
Secondo la legge abbiamo diverse tipologie:

  • grappa;
  • grappe a denominazione geografica (Grappa di Barolo, Grappa Piemontese o del Piemonte, Grappa lombarda o della Lombardia, Grappa trentina o del Trentino, Grappa friulana o del Friuli, Grappa veneta o del Veneto, Sudtiroler Grappa/Grappa dell’Alto Adige);
  • grappe ottenute da materie prime provenienti dalla produzione di vini DOCG, DOC e IGT;
  • grappe a indicazione geografica;
  • grappe di vitigno;
  • grappe aromatiche (contenenti piante aromatiche o loro parti, frutta o loro parti);
  • grappe invecchiate (invecchiate per almeno 12 mesi);
  • grappe riserva (invecchiate per almeno 18 mesi).

Gli Assaggiatori suddividono le grappe in:

  • grappe giovani;
  • grappe giovani aromatiche;
  • grappe affinate in legno;
  • grappe affinate in legno aromatiche;
  • grappe invecchiate;
  • grappe invecchiate aromatiche;
  • grappe aromatiche (contenenti piante o frutti).

Per tornare alla Sua domanda, la grappa friulana rientra tra quelle a denominazione geografica, regolamentata già dal 1989 a livello comunitario.

Salve! Piccola introduzione: ho 29 anni bevo alcolici ma non in maniera eccessiva. Da un paio di anni ho scoperto la grappa e me ne sono innamorato. Nel senso che piuttosto che bere amari o superalcolici, apprezzo un bicchierino di grappa alla fine di una bella cena (a volte anche in pizzeria). Torniamo a noi: tra tutte le grappe che mi propongono normalmente (le solite quattro o cinque: Nardini bianca e gialla, Williams, Prime Uve…) mi sono innamorato della Storica Nera (della Domenis). Vorrei sapere se esistono grappe con caratteristiche simili. Un’altra domanda: cosa significa “barricata”? Si tratta di un tipo di conservazione in barrique? Da ultimo: c’è un sito oppure una scheda che mi possa riassumere i vari tipi di grappe?

Mirco

Risponde Armando Colliva Marsigli, segretario generale dell’Istituto Nazionale Grappa

Il nostro Istituto in quanto ente di tutela e promozione non può dare informazioni commerciali, ci sentiamo però di fornire una precisazione sui prodotti citati: quando parla di “Williams” si riferisce a un’acquavite di pere, mentre “Prime Uve” è un’acquavite d’uva, nessuno dei due prodotti è di conseguenza una grappa.
Per quanto riguarda la “barrique”, si tratta di una botte di origine francese, costruita in legno di rovere e con una capienza di 225 litri. Il legno di rovere (Quercus petraea) è classificato sulla base delle qualità tipiche del legno proveniente da varie zone francesi:

  • il dipartimento di Allier con al suo interno il pregiato Tronçais;
  • il dipartimento dell’Aquitania;
  • la regione del Limousin;
  • la zona intorno a Nevers in Borgogna.

Nella maggior parte dei casi la barrique è costruita con legno stagionato. Il legno per le barrique viene tagliato a spacco. I listelli sono posti a stagionare all’aperto, esposti alla pioggia e al sole per un periodo compreso tra 24 mesi e cinque anni.
La grappa viene posta nelle barriques per un periodo più o meno lungo. A seconda del periodo di tempo che rimane in deposito avremo quindi “grappa affinata in barriques” o “grappa invecchiata in barriques”.
Per quanto riguarda le tipologie di grappe, queste sono quelle previste dalla legge:

  • grappa;
  • grappa a denominazione geografica;
  • grappa ottenuta da materie prime provenienti dalla produzione di vini DOCG, DOC e IGT;
  • grappa a indicazione geografica;
  • grappa di vitigno;
  • grappa aromatica (contenente piante aromatiche o loro parti, frutta o loro parti);
  • grappa invecchiata (invecchiata per almeno 12 mesi);
  • grappa riserva (invecchiata per almeno 18 mesi).

E queste le tipologie previste dagli assaggiatori:

  • grappa giovane;
  • grappa giovane aromatica;
  • grappa affinata in legno;
  • grappa affinata in legno aromatica;
  • grappa invecchiata;
  • grappa invecchiata aromatica;
  • grappa aromatica (contenente piante o frutti).

Si dice che la grappa abbia origini salernitane. Perché allora si chiama “grappa”? Io credevo che avesse origini venete nella zona del Grappa (Bassano).

Salvatore

Risponde Armando Colliva Marsigli, segretario generale dell’Istituto Nazionale Grappa

Non si sa di preciso chi e quando iniziò a distillare le vinacce. La leggenda popolare ci porta indietro nel tempo, precisamente al I secolo a.C., quando un legionario romano ottenne, come era consuetudine per ricompensare i reduci, un vigneto in Friuli. Si dice che il soldato fosse riuscito a trafugare dall’Egitto un impianto di distillazione denominato “Crisiopea di Cleopatra” e con questo avesse iniziato a produrre il primo distillato di vinaccia. La Crisiopea di Cleopatra prende il nome dal ricercatore che la descrisse, il quale pare fosse lo zio della più famosa regina. La sua struttura comunque la rende inadatta alla produzione di bevande alcoliche e tantomeno della grappa. Era con ogni probabilità usata per la fabbricazione di balsami e profumi e risale al II secolo a.C.
La grappa in quanto acquavite fu concepita nell’ambito degli studi della Scuola Salernitana che, intorno all’anno Mille, codificò le regole della concentrazione dell’alcol attraverso la distillazione e ne prescrisse l’impiego per svariate patalogie umane. Si può datare la nascita della grappa intorno al 1300-1400 quando venne sviluppato negli alambicchi il refrigerante ad acqua, un sistema efficace per la liquefazione dei vapori che ha dato modo di rendere quantitativamente importante la produzione di acquavite. Da un canto diventò quindi possibile, almeno per le classi più abbienti, l’uso a livello edonistico dell’acquavite e dall’altro la sua produzione con sostanze alcoligene povere come la vinaccia.
Fino ai primi dell’800 non ci fu una diversità sostanziale in Europa nella distillazione della vinaccia. In pratica si seguivano le regole impostate dai Gesuiti nel 1600 in Spagna con Miguel Agusti, in Germania con Atanasio Kircher e in Italia con Francesco Terzi Lana. Il cambiamento si ebbe con l’invenzione della colonna di distillazione. Questo elemento, preconizzato dal medico astrologo e mago Gian Battista Porta nel 1600 e messo a punto dal fiorentino Baglioni nel 1813, consentiva a liquidi alcolici di essere concentrati in acquavite mediante una sola distillazione. Ma per utilizzarlo occorreva operare su fermentati liquidi o non su sostanze solide. In Italia si continuò a distillare direttamente le bucce degli acini d’uva separate dal mosto o dal vino al termine della fermentazione alcolica e a ottenere un’acquavite di forte caratterizzazione organolettica: la grappa.
Come vedi quindi la grappa non ha origine salernitane. Infatti la Scuola Salernitana codifica le regole della concentrazione dell’alcol attraverso la distillazione di liquidi alcolici. L’acquavite di vinaccia era ottenuta in tutto l’arco alpino e a seconda delle regioni era chiamata “branda” in Piemonte, “sgnapa” o “graspa” nel Triveneto e di seguito “grappa”. Anche in questo caso nulla a che vedere con il Monte Grappa o Bassano del Grappa.

Buongiorno, vi scrivo per avere informazioni su una curiosità. Sono andata a vedere i mercatini di Natale a Merano e l’accompagnatrice turistica ha detto che è tipica dell’Alto Adige la grappa alle rose (che è anche un afrodisiaco). Sono andata a cercarla in diversi locali e negozi e tutti mi hanno detto che non ne hanno mai sentito parlare. Potete togliermi questo dubbio?

Federica

Risponde Andreas Roner, consigliere dell’Istituto Nazionale Grappa e presidente dell’Associazione Produttori Grappa dell’Alto Adige

L’Associazione Produttori Grappa dell’Alto Adige, organismo che rappresenta la totalità dei distillatori della provincia autonoma, conferma che nessuno dei suoi aderenti ha mai prodotto una grappa alle rose. Probabilmente l’accompagnatrice turistica ha equivocato sul nome della bevanda spiritosa.
Tra i liquori che hanno come componente la rosa ci sono i rosoli. Tra le acquaviti viene prodotta un acquavite di rosa canina. Nella categoria delle grappe di vitigno la grappa di Moscato Rosa al profumo spicca la componente primaria della rosa canina.

Rosolio
Prodotto tipico piemontese, soprattutto della provincia di Torino. La sua denominazione deriva letteralmente da “olio di rose”, in quanto ha viscosità tipica dell’olio e il profumo di rose. E’ un liquore la cui ricetta classica è a base di rosa, ma può avere anche altri ingredienti principali, come l’alloro, l’angelica, l’anice, le arance, l’assenzio, il cacao, il caffè, la cannella, il cassis, il cedro, il sedano, la vaniglia e altri ancora. La prima fase di lavorazione è l’infusione in alcol per un periodo che varia in base all’ingrediente utilizzato. L’infuso pronto viene filtrato, si aggiungono acqua e un’alta percentuale di zucchero, che può arrivare fino al 50% del prodotto. Si ottiene così un liquore piuttosto denso e molto dolce, a bassa gradazione alcolica (25-28%). Ha un aroma e sapore delicato di rosa.

Acquavite di rosa canina
I suoi falsi frutti, detti cinorrodonti, quando sono maturi e di un bel rosso vivo, privati nei semi interni, vengono addizionati di alcol e/o distillato. Il tutto viene fatto fermentare e a fermentazione ultima viene distillato.

Grappa di Moscato Rosa
Ottenuta dalla distillazione, direttamente mediante vapore acqueo oppure con l’aggiunta di acqua nell’alambicco, di vinacce fermentate di moscato rosa. Note: Al profumo spicca la componente primaria della rosa canina, il profumo speziato di chiodi di garofano e cannella, mentre in bocca la sensazionale piacevolezza della rosa canina crea una grappa estremamente raffinata e elegante.

Rimane comunque il dubbio che tra queste bevande ci possa essere un particolare potere afrodisiaco. La rosa canina, conosciuta anche con il nome di acido ascorbico, è ricca di vitamina C, un ottimo antiossidante.

Esiste una grappa di mela cotogna? Se sì, come si chiama? Chi è l’eventuale produttore? Grazie per la vostra disponibilità e cordiali saluti.

Armando

Risponde Cesare Mazzetti, presidente dell’Istituto Nazionale Grappa

La denominazione “grappa” è riservata esclusivamente all’acquavite di vinaccia prodotta in Italia. Pertanto tutti i distillati che siano derivati da prodotti diversi dalle vinacce, cioè dalla buccia e dalla polpa dell’uva che residuano dal mosto quando viene pressato per ottenere vino, non possono chiamarsi “grappa”. Se si distilla un frutto si ottiene un’acquavite di frutta seguita da nome del frutto utilizzato. Il prodotto che si ottiene dalla distillazione delle mele cotogne è quindi chiamato “acquavite di mela cotogna”.
Le acquaviti di frutta non fanno parte delle competenze del nostro Istituto, che si occupa di grappa. Per quanto possiamo dirti, l’acquavite di mele cotogne viene prodotta principalmente nelle province autonome di Trento e di Bolzano. La produzione è molto limitata anche in considerazione del fatto che la produzione stessa della mela cotogna è molto bassa. In quanto Istituto preferiamo non indicare specifici produttori.
Un suggerimento ci sentiamo di darti da amici: perché non ti cimenti ad assaporare le mille sfumature di profumi e aromi delle superbe grappe che si ottengono nel nostro paese? Se già non conosci il nostro mondo ne rimarrai affascinato.

Vorrei regalare un libro sulla grappa. Avete dei consigli bibliografici da darmi?

Alessandra

Risponde Armando Colliva Marsigli, segretario generale dell’Istituto Nazionale Grappa

I titoli che possiamo consigliare sono:

  • Il libro completo della Grappa di Marino Damonti, Istituto Geografico De Agostini, 2005;
  • I Distillati, Gribaudo editori, 2005 (trattazione di distillati in genere in due volumi );
  • Liquori e distillati d’Italia, Touring Club Italiano, 2005 (trattazione di distillati in genere).

Inoltre, a carattere più tecnico, i libri editi dal Centro Studi Assaggiatori:

  • Grappa tra assaggi e alambicchi
  • Grappa: analisi sensoriale & tecnologia

che può trovare a: shop.assaggiatori.com

Vorrei gentilmente chiedervi le differenze sostanziali tra grappe piemontesi, trentine, venete e friulane.

Stefano

Risponde il prof. Giuseppe Versini, consigliere dell’Istituto Nazionale Grappa

Le possibili differenze compositive fra le grappe con indicazione geografica regionale indicate sono state oggetto di alcuni studi effettuati nel corso degli anni ’90 (Versini G., Monetti A., Dalla Serra A., Inama S., 1990: Analytical and statistical characterization of grappa from different Italian regions. Atti 1er Symposium international sur les eaux-de-vie traditionelles d’origine viticole, Ed. A. Bertrand, Lavoisier TEC&DOC, Paris, pp. 137-150; Monetti A., Dalpiaz G., Versini G., 1993. Territorialità del prodotto: individuazione su base analitica. Atti 13° Convegno nazionale della grappa. La grappa oltre le frontiere: tutela delle origini per valorizzare il prodotto, C.C.I.A.A. di Trento, 13-14 maggio).

Le differenze emergenti allora fra i prodotti commerciali si potevano far risalire:

  • al tipo di vinaccia maggiormente impiegata in alcune regioni, ossia se vergine o fermentata (per esempio, vinacce bianche vergini (VBV) nel Friuli e in gran parte del Veneto, o vinacce rosse fermentate (VRF) soprattutto nel Piemonte, mentre non vi era dominanza nei tipi per la materia prima impiegata in Trentino), in ragione dei composti volatili determinati dai processi fermentativi (PF) e/o evolutivi (PE) nell’insilamento prevalenti nei due tipi di vinaccia;
  • ad eventuali trattamenti conservativi delle vinacce tendenti a favorire fermentazioni prevalentemente da lieviti (PL) e blocco di processi batterici (PB) (trattamento di acidificazione delle vinacce con innesto di lieviti e/o sosta ridotta in insilamento);
  • al tipo di distillazione impiegato soprattutto in merito a quella discontinua con alambicchi tradizionali.

Osserviamo che da allora – ferma restando la prevalenza delle tipologie di vinacce nelle regioni citate e di alcuni processi di distillazione in discontinuo – sono diventate più omogenee le tecnologie di conservazione, in particolare con acidificazione delle vinacce ed innesto di lievito sulle vergini con limitato tempo di sosta prima della distillazione. Le diverse tipologie sono risultate discriminate sia con tecniche PCA che LDA, soprattutto sulla base delle seguenti componenti (in parentesi i fattori determinanti un maggior contenuto): metanolo (VBV, PE), 1-propanolo (PE, VBV), 1-butanolo (VRF, PE), 2-metil-1-butanolo (VRF), acetato di etile (PB, PE), capronato di etile (VRF, PE), un esenolo (VBV) e benzaldeide (PE, VBV, PB).

Nello studio del 1993 su prodotti commerciali (5 regioni, 6 distillerie per regione con 2 campioni per ciascuna distilleria) si è ripetuta l’indagine con maggior approfondimento a livello statistico ottenendo una discriminabilità fra i prodotti regionali per almeno il 75% di probabilità.
È risultato che:

  • le grappe friulane erano caratterizzate da un maggior tenore di benzaldeide, di un esenolo e di un prodotto tracciante batterico, il lattato di isoamile;
  • quelle trentine da un maggior livello di alcoli superiori come le piemontesi e di acetato di etile, questo diversamente da quanto accertato nel 1990, le venete alquanto impoverite nei composti citati probabilmente per la tendenza a far prevalere tecniche di distillazione non tradizionali operanti in tal senso.

C’è differenza fra distillato di vino e distillato di vinacce? E se esiste vorrei sapere il nome esatto delle due cose.

Mario

Risponde Alessandro Francoli, consigliere dell’Istituto Nazionale Grappa

Per meglio rispondere al Tuo quesito debbo fare ricorso a quanto ha previsto il legislatore in merito alle “denominazioni di vendita”.

  • brandy: la denominazione di vendita “brandy” è riservata all’acquavite ottenuta dalla distillazione di vino e invecchiata almeno dodici mesi in magazzini, soggetti al regime di deposito fiscale, in recipienti di quercia non verniciati né rivestiti. La denominazione “brandy italiano” è riservata all’acquavite ottenuta dalla distillazione di vino proveniente da uve coltivate e vinificate nel territorio nazionale e invecchiata almeno dodici mesi in magazzini ubicati nel territorio nazionale, soggetti al regime di deposito fiscale, in recipienti di quercia non verniciati né rivestiti.
  • grappa: la denominazione “grappa” è riservata esclusivamente all’acquavite di vinaccia ottenuta da materie prime ricavate da uve prodotte e vinificate in Italia, distillate in impianti ubicati nel territorio nazionale. La grappa è una bevanda ottenuta da vinacce fermentate e distillate direttamente mediante vapore acqueo oppure con l’aggiunta di acqua nell’alambicco.

La matrice comune ai due prodotti è l’uva. Il brandy si ricava dall’uva, che una volta giunta a maturazione, pigiata, aggiunta di lieviti selezionati è trasformata in vino. Il vino viene distillato e l’acquavite ottenuta, prima di essere classificata come brandy, deve subire un invecchiamento di almeno dodici mesi in botti di quercia. La grappa è un’acquavite, unica al mondo ed esclusivamente italiana, che si ricava dalle bucce degli acini d’uva separate dal mosto o dal vino al termine della fermentazione alcolica. Nella buccia dell’acino, giunto a maturazione, si concentrano sostanze aromatiche. La grappa ha il privilegio di essere ricavata dalla parte più aromatica dell’acino d’uva, ma la vinaccia è una materia difficilissima da conservare e ostica da distillare. Contrariamente alle altre acquaviti che sono ottenute dalla distillazione di un liquido fermentato, la grappa nasce dalla distillazione di una materia solida. La grappa è un distillato talmente ricco di componenti aromatici e organolettici da essere sin dal momento della sua uscita dall’alambicco già ben definibile e caratterizzabile in quanto a profumo e sapore.
Se vuoi approfondire il discorso sui distillati e sui liquori Ti posso consigliare la lettura di “Liquori e distillati d’Italia”, guida del Touring Club Italiano del settembre 2005.

Sono solito consumare, dopo i pasti, un bicchierino di grappa fredda. Purtroppo quando sono fuori casa mi viene servita, nei locali, a temperatura ambiente,cioè calda. Potreste dirmi quale temperatura è ottimale per gustare la grappa? Io a casa la tengo in frigo e la trovo gustosa.

Michele

Risponde Maria Carla Bonollo, vicepresidente dell’Istituto Nazionale Grappa

Ritengo non si debba esagerare con le temperature: quindi non servire la grappa né troppo calda né troppo fredda. Perché vi sia una graduale percezione della note fragranti e fruttate prima dell’identificazione di quelle di maggior peso, l’esatta temperatura di servizio dovrebbe essere per una grappa bianca di 8-10 °C, di 15 °C per quelle di medio invecchiamento e di 18 °C per le grappe che hanno lungamente riposato in tini di legno.

“Sono un appassionato di liquori e grappe da molto tempo. Mi sarebbe piaciuto far diventare il mio hobby un lavoro vero e proprio, cominciando un’attività artigianale di produzione liquori e grappe. Però non so da dove cominciare. Quali corsi devo superare per avere i requisiti per ottenere una licenza di produzione? Dove posso farli? Vi ringrazio per l’attenzione”

Non sono previsti a livello legislativo, per una persona fisica, particolari requisiti per ottenere la licenza di produzione.
Per produrre bevande alcoliche sono necessarie una serie di autorizzazioni che sono rilasciate rispettivamente Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, Ministero delle Attività Produttive e Agenzia delle Dogane.
Per iniziare la invitiamo a rivolgersi prima di tutto all’Agenzia delle Dogane, competente per territorio, per avere le informazioni sulla prassi da intraprendere.

Si usano erbe per la produzione di grappe particolari? Se sì, quali?

Valeria

Risponde Armando Colliva Marsigli, segretario generale dell’Istituto Nazionale Grappa

A livello legislativo è prevista una categoria di grappe contenenti piante aromatiche o loro parti, nonché frutta o loro parti. L’aromatizzazione della grappa con erbe e frutta è una prassi consolidata e ha lo scopo di caratterizzarla maggiormente sia sotto il profilo organolettico che per aumentarne le proprietà galeniche.
L’aromatizzazione può essere eseguita in vari modi:

  • impiego diretto di una pianta o di un frutto;
  • aggiunta di una tintura alcolica;
  • per distillazione.

Numerose sono le piante utilizzate. A titolo di esempio: aperula, basilico, camomilla, genziana, ginepro, liquirizia, melissa, ortica, pino mugo, rabarbaro, ruta, salvia.
Esiste un bel libro, “Segreti e virtù delle piante officinali”, edito da Selezione del Reards Digest S.p.A. (Milano, IV ristampa ottobre 1991). È probabilmente più facile reperirlo in biblioteca che in commercio.

Salve sono Filippo, mia moglie ha una cantina vitivinicola con mio suocero e io, appassionato di vino, in particolare vorrei sapere qualcosa sulla grappa. Sono interessato alla grappa che bevo spesso e vorrei saper come si diventa “grappaioli”: ci sono corsi, quali, dove e chi li tiene? Corsi come quelli per i sommelier del vino.
Sono un sostenitore del made in Italy e ritengo che imparare a conoscere prima i nostri prodotti e poi quelli esteri sia una forte motivazione per andare avanti portando una certa innovazione e miglioramento dei prodotti italiani.

Risponde Cesare Mazzetti, presidente dell’Istituto Nazionale Grappa

Caro Filippo, è innanzitutto un piacere sapere che sei un sostenitore e un consumatore di grappa. Venendo al tuo quesito, in Italia da molti anni si tengono corsi per imparare ad assaggiare le grappe, ad apprezzarne i pregi, individuare i difetti e capire le differenze. Ti segnalo ad esempio il Centro Studi Assaggiatori, l’ANAG – Assaggiatori Grappa e Acquaviti e l’ADID – Associazione Degustatori Italiani Grappe.
Invece, se intendi seguire corsi per imparare a ‘fare’ grappa, e cioè diventare un nostro… collega, la questione è un po’ più complessa, attualmente non c’è formazione accademia. Nel 2005 si è tenuto il I Master in “Scienze della Grappa” promosso dall’Università di Udine e tenuto presso l’Istituto Agrario di San Michele all’Adige.
Ti posso inoltre consigliare la lettura di due libri sul tema: Grappa tra assaggi e alambicchi e Grappa: analisi sensoriale & tecnologia, entrambi editi dal Centro Studi Assaggiatori.